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Raffaella Chiodo, Uisp: "Porto la voce delle donne coraggio"

Raffaella Chiodo Karpinsky, rappresentante Uisp nella rete FARE, sulla situazione delle donne russe, ucraine e bielorusse

 

E' stato un 8 marzo con lo sguardo rivolto all' Ucraina. Alle bandiere e alle mimose sventolate nelle piazze, nel corso delle manifestazioni organizzate in varie città d'Italia per la giornata della donna, si sono accostate quelle color arcobaleno. In Ucraina, un Paese ormai distrutto dalla guerra e dai bombardamenti, le donne vivono il dramma più atroce di tutti: il distacco dai propri mariti, il timore di perdere i propri figli, il lutto di aver perso le persone amate. Migliaia di donne sono in fuga con i propri figli, nel tentativo di raggiungere l’Europa. Secondo l’UNHCR, sono oltre un milione le persone che stanno fuggendo dall’Ucraina, in maggioranza donne e bambini. Gli uomini tra i 18 e i 60 anni non possono lasciare il Paese perché sono chiamati a prendere le armi; le donne invece vanno via, spesso con i figli e i parenti più anziani, lasciandosi alle spalle la casa e la loro vita. 

Si è parlato proprio di questo nel corso di un servizio del Tg3 delle 15:05, dell'8 marzo. Intervenute Yaryna Grusha, docente lingua e letteratura straniera ucraina alla Statale di Milano; Mariagrazia Calandrone, scrittrice; Orietta Moscatelli, rappresentante di Lines; Raffaella Chiodo Karpinsky, giornalista e attivista italo-russa e rappresentante Uisp nella rete FARE-Football Against Racism in Europe. "Le donne, che rappresentano un’avanguardia per la loro capacità di relazionarsi al di là degli schemi e dei canali tradizionali, tramite un account di madri russe, bielorusse ed ucraine che hanno i figli in trincea, dialogano tra loro. In questo momento di buio totale, con la chiusura di siti, giornali e mezzi di informazione, riescono a bucare la censura. Le donne hanno coraggio e affrontano le forze dell'ordine con domande che le mettono in crisi. Molte ragazze si stanno mobilitando, mostrando un coraggio incredibile nel continuare a manifestare la contrarietà alla guerra", ha detto Chiodo.

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Raffaella Chiodo è intervenuta anche sul palco di Piazza San Giovanni, nel corso della manifestazione per la pace "Cessate il fuoco", a cui l'Uisp ha aderito. La manifestazione si è svolta a Roma sabato 5 marzo, con corteo da piazza della Repubblica a piazza San Giovanni, indetta dalla Rete nazionale pace e disarmo per ribadire il rifiuto della guerra. 

"Sono mezza russa e mezza italiana. Naturalmente, sono contro la guerra e contro l'aggressione della Russia di Putin all'Ucraina. Avrei dovuto portare un videomessaggio da parte delle donne russe contro la guerra, che purtroppo non ci sarà. E' l'ennesimo segno delle conseguenze della censura. Provo io a riportare le loro parole", ha detto Chiodo dal palco di piazza San Giovanni.

L'attivista ha ricordato l'esistenza della Rete delle madri di soldati che lavora in Russia da tempo: "Si tratta di donne russe, ucraine e bielorusse che hanno fatto rete riuscendo a bucare il muro della censura, attraverso la moltiplicazione dei contatti e delle notizie dal fronte. Hanno figli che non rispondono più al telefono, altri che raccontano loro come sono finiti al fronte. Sono testimonianze strazianti, ragazzi in servizio militare provenienti dalla perfieria dell’impero", prosegue. Già, perché in Russia ci sono molte aree depresse, dove la gente vive in condizione di grandissima povertà. "Riporto anche la voce delle donne giornaliste e dei giornalisti russi che si battono per la libertà e hanno combattutto in solitudine in questi 20 anni. Ieri come oggi, non si riesce piu a comunicare con molti di loro. Sono tutte voci libere, che hanno dovuto cancellare le loro tracce dalla memoria di internet per non essere perseguite. Il contatto e la comunicazione sulla guerra circola grazie a chi è espatriato e riesce a fare da ponte. Siamo entrati in una nuova era, dalla quale non sappiamo come e quando usciremo. Ciò che abbiamo fatto fino ad ora non è abbastanza, né a livello istituzionale, politico né come società civile. Adesso le cose sono precipitate. Forse non è troppo tardi. Dobbiamo farlo per loro e per tutti noi", conclude Chiodo.